Butler Judith - 2015 - L'alleanza dei corpi by Butler Judith

Butler Judith - 2015 - L'alleanza dei corpi by Butler Judith

autore:Butler Judith
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Political Advocacy, Philosophy, Political, Political Science, Political Process
ISBN: 9788874526321
editore: Nottetempo
pubblicato: 2017-02-08T23:00:00+00:00


Arendt

Molti studiosi preferirebbero tenere ben separata ogni riflessione su Emmanuel Lévinas da un’analisi del pensiero di Hannah Arendt. Lui è un filosofo dell’etica che attinge a una tradizione religiosa ed enfatizza l’importanza etica della passività e della ricettività. Lei è invece una filosofa della politica e della società, ostinatamente laica, che insiste ripetutamente sul valore politico dell’azione. Perché, dunque, discutere insieme Lévinas e Arendt? Una prima risposta è che entrambi mettono in discussione la classica concezione liberale dell’individualismo, quell’idea, cioè, secondo cui gli individui entrano coscientemente all’interno di determinate forme contrattuali, e le loro reciproche obbligazioni derivano dal deliberato e intenzionale accordo con gli altri. La prospettiva liberale presume che gli individui possano essere responsabili solo per quei tipi di relazione, codificate da accordi, nelle quali si entra coscientemente e volontariamente. Arendt contesta questa visione. Si tratta del fulcro della sua argomentazione contro Adolf Eichmann. Eichmann riteneva di poter scegliere con quali persone avrebbe potuto vivere e morire, e, in questo senso, pensava di poter scegliere con chi coabitare la terra. Ciò che non comprese, secondo Arendt, è che nessuno ha, invece, la facoltà di farlo. Possiamo scegliere, pur entro determinati limiti, come vivere e dove vivere e, a un livello molto locale, anche con chi vivere. Ma se potessimo decidere con chi coabitare la terra, questo implicherebbe anche decidere quale porzione di umanità possa vivere e quale debba morire. Se questa scelta ci è preclusa, significa che siamo obbligati a vivere con quanti già esistono, e che ogni scelta su chi possa o non possa vivere è sempre una pratica genocida; e benché i genocidi siano accaduti, e continuino ad accadere, saremmo tuttavia nel torto se pensassimo che la libertà, in un senso etico, sia compatibile con la libertà di commettere un genocidio. Il carattere non-scelto della coabitazione sulla terra è per Arendt la condizione della nostra stessa esistenza in quanto esseri etici e politici. Di conseguenza, praticare il genocidio non significa solo distruggere le condizioni politiche dello statuto della “persona” [personhood], ma distruggere la libertà stessa, intesa non come un atto individuale, ma come un’azione plurale. Se non esistesse quella pluralità che non possiamo scegliere, non ci sarebbe libertà e, in fondo, non ci sarebbe alcuna scelta da compiere. Questo significa che c’è una condizione non-scelta di libertà e che, nell’essere liberi, affermiamo qualcosa su ciò che non scegliamo. Al contrario, se la libertà mira a eccedere l’illibertà che è la sua condizione, in questo caso si distrugge la pluralità e, secondo Arendt, si mette a repentaglio innanzitutto il nostro statuto di persone, intese come zoon politikon. Questo era uno degli argomenti avanzato da Arendt a favore della giustificazione della pena di morte per Eichmann. Nella sua analisi, Eichmann si era già distrutto con le proprie mani per non aver compreso che la sua vita era legata a doppio nodo a quelle di coloro che distrusse, e che la vita individuale non ha senso, non ha realtà al di fuori della cornice sociale e politica entro cui tutte le vite devono essere considerate degne di uguale valore4.



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